Da sempre il territorio irpino è stato terra di transiti, di passaggi obbligati e di migrazione di popolazioni. Lungo i valichi che collegano la Campania alla Puglia l’Irpinia si propone come una terra di mezzo, un passaggio obbligato per pastori, guerrieri, mercanti, colonizzatori e quant’altro vide l’Italia del Sud sin dall’età preistorica. Una terra, quindi, in parte ignorata proprio perché scarsamente considerata nelle sue possibilità di dar vita ad insediamenti stabili con facilità, ma anche una terra fortemente desiderata perché, attraverso il suo controllo, si apriva chiara la strada della conquista di altri territori.
Gli Irpini furono i primi ad insediarsi in questo territorio e, da popolo guerriero qual’era, seguace del dio Marte riuscì ad opporsi alla dominazione romana, sottraendole i territori occupati. Non è un caso, infatti, che il nome derivi da “Hirpus”, che proprio nella lingua osca significa Lupo, l’animale sacro a Marte.
Ed è proprio nel cuore della verde Irpinia, “terra dei lupi”, che è custodita una delle aree rurali più sorprendenti della Campania. Si susseguono in essa suggestioni e bellezze della natura che si fondono armonicamente con l’operato dell’uomo, in un binomio significativo di tradizione e modernità.
In Italia possiamo vantare un patrimonio costituito da oltre un centinaio di uve autoctone di consolidata tradizione, alcune molto conosciute, altre in via di estinzione. Per fortuna i vini prodotti con uve autoctone oggi sono di gran moda, perchè sono ricchi di personalità e rappresentano una buona risposta all'omologazione mondiale del gusto.
La produzione enologica autoctona dell’Irpinia vanta ben tre denominazioni DOCG, dà lustro all’Irpinia in tutto il mondo e costituisce linfa vitale per l’economia locale. I vitigni sono stati oggetto di una attenta azione di selezione ed allevati in ambiti territoriali molto limitati che garantiscono la produzione di uve di superba qualità, ricche di zuccheri e di aromi e vini di non comune pregio, di carattere e grande personalità grazie soprattutto al clima mite, alla modesta umidità e ai terreni vulcanici. Questi ultimi originati da una poderosa eruzione vulcanica nei Campi Flegrei, i cui devastanti effetti si fecero sentire in tutto il bacino del Mediterraneo, in modo particolare nelle zone orientali, verso le quali spiravano in prevalenza i venti. Per giorni e giorni i venti spinsero anche verso l’Irpinia le nubi di tefra, miscuglio incandescente di ceneri e lapilli, il cielo si oscurò per mesi, le temperature scesero repentinamente, i campi si ricoprirono di uno spesso strato di materiali vulcanici che via via si solidificarono. L’ Irpinia porterà sempre l’impronta degli elementi primordiali: il fuoco dei vulcani flegrei, l’aria in movimento del vento, la terra consolidatasi nel grande banco tufaceo, l’acqua dei suoi fiumi.
L’intera provincia di Avellino può essere divisa in due grandi aree, la prima comprende le colline lungo il fiume Calore che danno dimora all’Aglianico da cui si ricava il vino rosso Taurasi ( i paesi del disciplinare per la produzione del Taurasi sono: Montefalcione, Montemiletto, Torre le Nocelle, Pietradefusi, Venticano, Bonito, Luogosano, Sant’Angelo all’Esca, Fontanarosa, Paternopoli, Castelfranci, Montemarano, Mirabella Eclano, Lapio, Castelvetere sul Calore, San Mango sul Calore), l’altra comprende le colline che costeggiano il fiume Sabato dove trovano dimora i vitigni bianchi del Fiano di Avellino e del Greco di Tufo.
I vignaioli irpini, hanno saputo conservare le pratiche vitivinicole tramandate dalla tradizione, combinandole sapientemente alle nuove acquisizioni tecnologiche. La presenza in loco della Scuola Enologica De Sanctis di Avellino è stata palestra di formazione per molti bravi tecnici ed enologi che danno il loro prezioso contributo per l’ottenimento dei pluripremiati vini irpini, il cui successo è anche frutto della dedizione e dell’impegno di quello che si può non a torto definire, un ”popolo di vignaioli”.